Vi propongo una tesina sul sito di Tepe Hissar (Iran), che ho scritto per l'esame di Temi e metodi della ricerca archeologica.
Il sito è stato scavato negli anni '30 e negli anni '70, e a quest'ultima campagna di scavo ha collaborato il Prof. Maurizio Tosi.
Cristiana Margherita
1.INTRODUZIONE AL SITO DI TEPE HISSAR, IRAN
1.1 BREVE STORIE DELLE RICERCHE (1930-1976)
La prima menzione ritrovata in letteratura su Tepe Hissar a Dāmghān, Iran, è riferita ad una intensa attività di estrazione per la ricerca di oro o di un tesoro. Queste informazioni sono state tramandate in un taccuino di un militare austriaco di nome Gen. A. Houtum Schindler che serviva l’esercito Persiano sotto Nasseruddin Shan (Dyson, Tosi, 1989, p. 6). Questa prima attività di scavo si può definire “tragica” in quanto ha portato alla distruzione dell’intero lato occidentale della collina più grande del sito in questione.
Il primo scavo di Tepe Hissar è condotto dall’University Museum of the University of Pennsilvanya negli anni 1931-1932 sotto la direzione scientifica di Eric F. Schmidt.
La sequenza cronologica di questo sito copre un periodo che va dal V millennio al II millennio a.C. ed è dimostrato dalla presenza di due periodi principali: il Calcolitico, caratterizzato dalla ceramica dipinta (Hissar I), ed il periodo Proto-Elamita e l’Età del Bronzo, caratterizzati da ceramica nera e grigia (Hissar II e III; Dyson, 1987, pp. 651).
La prima campagna di scavo è oggetto di un lungo rapporto preliminare di Schmidt (1933) di cui molti elementi sono stati ripresi nella pubblicazione definitiva (Schmidt, 1937). Essa è molto incompleta in quanto la maggior parte dei manufatti e dei vasi ceramici è relativa alle tombe, tralasciando la ceramica dei livelli occupazionali, e infatti la suddivisione degli stessi materiali è basata su raggruppamenti stilistici in base ai gruppi delle tombe (Dyson, Tosi, 1989, p.1).
A differenza di quest’ultimi, le ceramiche dei livelli occupazionali sono privi di questo tipo di suddivisione, infatti non sono stati classificati, ma è stato condotto un rapido esame dei frammenti che ha mostrato un’alta percentuale di forme diverse da quelle ritrovate nelle tombe (Dyson, Tosi, 1989, p.1).
Anche le informazioni provenienti dallo scavo sono scarse, infatti sono stati riconosciuti solo otto livelli insediativi, ciascuno corrispondente ad una propria fase di sviluppo culturale (Deshayes, 1975, pp. 426).
Nel 1956 Dyson fa una breve visita sul sito e successivamente, nel 1971 avviene un altro sopralluogo condotto da W. Sumner e nel 1974 da S. Howard, M. Tosi e F. Bagherzadeh. Queste visite portano a volere nuove informazioni sulla stratigrafia, sull’architettura, sulla tecnologia ed ecologia (Dyson, Tosi, 1989, p. 1).
Nel 1972 G. Bulgarelli esegue una ricognizione di superficie limitata ai materiali litici (Bulgarelli M., 1974) le cui analisi confermano la tesi sostenuta da Tosi (1979, pp. 1808-1826) che vede Tepe Hissar essere una tappa importante su quella variante settentrionale della “via dei lapislazzuli”, a partire dal VI millennio a.C.
Nel 1976 J. Deshayes tenta di ristudiare i materiale di superficie (Deshayes J., 1975), ma questi sforzi sono vani in quanto manca il contesto stratigrafico e una collocazione cronologica, indispensabili per uno studio di questo genere (Dyson R., 1965, pp. 238-242).
Nel 1976 nasce l’“Hesar Restudy Project” organizzato dal Museo Universitario dell’Università di Torino e dal Centro Iraniano per la ricerca archeologica, grazie a questo progetto da settembre ad ottobre del 1976, è stato possibile realizzare una serie di studi stratigrafici ed architettonici sia sulla North Flat, dove lavorano R. H. Dyson Jr. e W. S. C. Remsen, sia sul Main Mound, dove lavorano S. Howard e V. Pigott, sia su South Hill dove lavorano M. Tosi, M. G. Bulgarelli ed I. Reindell, e infine R. Biscione effettua uno studio stratigrafico sulla collina occidentale del Twins (Dyson, Tosi, 1989, p. 1).
Questa equipe lavora insieme effettuando ricognizioni di superficie del sito concentrandosi sulle scorie di rame, sulla ceramica, sui detriti litici (per la lavorazione della selce), sulla calcite, sui lapislazzuli, sulla steatite e clorite.
Dei resti metallurgici se ne è occupato Pigott; della lavorazione della selce e lapislazzuli se ne è occupato G. Bulgarelli; dei resti paleobotanici e zoologici se ne è occupato M. Tosi.
Il programma di studio ha avuto una serie di obiettivi tra i quali:
Ø la raccolta di dati rilevanti per la ricostruzione dell’ambiente geomorfologico ed ecologico del sito per evidenziare gli aspetti economici dell’età del Bronzo e del Neolitico;
Ø lo studio dei cambiamenti dell’insediamento nel tempo;
Ø l’accumulo delle evidenze relative all’uso e organizzazione delle varie aree del sito, e la descrizione dei manufatti tecnici relativi alle attività specializzate;
Ø la raccolta di campioni di carbone stratificato per la costruzione della cronologia assoluta per comprendere le dinamiche della formazione dell’insediamento negli anni;
Ø una descrizione più accurata delle forme architettoniche e delle tecniche murarie, la loro datazione relativa e assoluta e valutazione della loro importanza in relazione al cambiamento culturale nel sito;
Ø la collezione di campioni di manufatti e ceramiche per la comparazione con quelli proveniente dai gruppi delle tombe;
Ø la natura della transizione dai livelli precedenti della ceramica grigio brunito a quelli dell'età del bronzo (Dyson, Tosi, 1989, p. 1).
1.2 LOCALIZZAZIONE, GEOGRAFIA E DATI AMBIENTALI
Il sito di Tepe Hissar è un complesso di monti e spianate che degradano da N-W a S-E, con un diametro di circa 600 metri e un altitudine compresa tra i 1800 ed i 1200 m. Questo è stato il più esteso tra gli insediamenti calcolitici dell’Iran del Nord.
Il sito è localizzato presso il limite S-W del delta del fiume Damghan e presso i monti Elburz. Il piccolo fiume può bagnare un’area di 200 chilometri quadrati, infatti grazie a questo la popolazione è riuscita a svilupparsi a pieno nel corso di circa due millenni.
Per quanto riguarda i suoli, quelli lontani dagli Elburz, erano terreni desertici e argillosi molto salificati e alcalinizzati, che si sono formati per il drenaggio molto povero (Dewan, Famouri, 1964, p. 255), mentre presso la catena montuosa le condizioni erano steppiche e semi desertiche (Dewan, Famouri, 1964, p. 258).
Per quanto riguarda la vegetazione dell’altopiano, essa era caratterizzata da steppa: sul versante degli Elburz, dove si estendeva la foresta secca di ginepro, mentre per quanto riguarda le gole scoscese e profonde, le specie presenti erano noci, alberi da frutto selvatici, frassini, salici, con sottobosco steppico (Bobek, 1968, p. 287).
Da ricordare sono gli alberi da legno, in quanto collegati all’attività artigianale di Tepe Hissar, per la produzione di ceramica. Il faggio si presentava a oltre 900 metri, e viene poi sostituito da olmi, frassini, aceri, peri selvatici, carpini e ginepro (Bobek, 1968, pp. 284-285).
La fauna dell’altopiano, invece, era caratterizzata da lupi, volpi, gazzelle, asini selvatici e roditori; mentre sui monti Elburz si presentavano tigri, lupi, volpi, leopardi, daini oltre che la Capra hircus aegagrus e la Ovis orientalis (de Misonne, 1968, pp. 294-297).
L’area, oltre ad essere ricca di selce e cacciagione, nella periferia a sud è famosa per le miniere d’oro, di rame e per i turchesi.
Tepe Hissar quindi si colloca in una posizione privilegiata, in quanto equidistante a tutte queste risorse elencate e ad un’altitudine ottimale per l’attività agricola della valle, legata alla disponibilità delle acque di superficie e del terreno disponibile. Questa posizione è simile a quella di altri importanti paesi pedemontani del IV-III millennio a.C. come: Namazga depe, Altyn depe e Shahdad (Dyson, Tosi, 1989, p. 4).
Il sito quindi si trova in una posizione ottimale sia per la produzione dei beni di sussistenza, sia per una dieta ampia e variegata. Tale produzione permette la realizzazione di manufatti di prestigio, grazie alla disponibilità di metalli e pietre preziose che si trovano nel raggio di 50 chilometri dal sito.
Nella vasta regione compresa tra il Kara Kum e l'Oceano Indiano durante il III millennio a.C., i maggiori insediamenti di ogni unità territoriale sono cresciuti in dimensioni e allo stesso tempo sono diventati più complessi internamente, Tepe Hissar segue questa linea di sviluppo, tranne che per la sua estensione, in quanto questo è sottoposto ad un grado molto elevato di erosione e di altre forme di rimozione della terra, diverse da quelle di altri siti protostorici dell’Iran orientale. L'attività umana è costante nella zona di Damghan per oltre 4000 anni di agricoltura, la terra del sito è stata certamente raccolta e utilizzata nei terreni alluvionali adiacenti per aumentare la produttività di questi. In Damghan non ci sono cambiamenti deltizi o diminuzioni di densità della popolazione che permettono l'ottimo stato di conservazione di siti come: Sahr-e-Suxteh, Namazga depe e Altyn depe.
Sia il Sistan che il Sud del Turkmenistan soffrono lunghi periodi di emarginazione economica, mentre la regione del Damghan presenta una continuità di insediamento e di ricchezza (Dyson, Tosi, 1989, pp. 4-5).
1.3 TEPE HISSAR E LA CULTURA DI GORGAN
Tepe Hissar, insieme a Murteza Gerd (presso Teheran), sono i siti maggiori per i ritrovamenti di ceramica grigia.
I siti in cui è stata rivenuta questo tipo di ceramica, dell’Età del Bronzo dell’Asia Occidentale, sono stati classificati in un ambito distinto dal resto dell’Iran e dell’Asia Centrale dell’Età del Bronzo. Questa classificazione si fonda su un unico elemento: il colore, il trattamento e le forme della ceramica, e per molti studiosi questa cultura sarebbe la prima apparizione delle popolazioni indo-iraniche o indo-europee nella pianura iranica (Young, 1967; Deschayes 1970; Ghirshman, 1977).
Il centro della cultura delle ceramiche grigie pare essere la pianura di Gorgan, all’angolo S-E del Mar Caspio. Quest’area deve la sua prosperità ad una posizione geografica privilegiata, si trova infatti sulle grandi vie di traffico che partivano dall’Asia Centrale, e proprio in questa zona geografica gli archeologi si soffermano per svolgere le prime ricerche.
Il primo sito scavato della zona è Tureng Tepe, grazie all’opera dell’archeologo americano F. R. Wulsin, che inizia i lavori nel 1931 e negli anni successivi E.F. Schmidt guida gli scavi di Tepe Hissar.
Schmidt scava circa 1600 tombe e resti di case in mattoni crudi che egli divide in tre grandi periodi, suddivisi in otto fasi: IA, IB, IC, IIA, IIB, IIIA, IIIB, IIIC.
Il periodo I (Schmidt, 1937, pp.39-46) è caratterizzato da una ceramica decorata con figure dipinte in bruno e nero su uno sfondo chiaro, i motivi decorativi sono geometrici, solo raramente curvilinei e talvolta animali stilizzati. Il periodo IA è caratterizzato soprattutto dalla ceramica, tralasciando altri materiali che invece iniziano ad essere considerevoli nel periodo IB e IC, come materiali di metallurgia e glittica, e ciò viene collegato all’esplosione del traffico che caratterizzò il Calcolitico finale (Deshayes, 1975, p. 428).
L’inizio del periodo II è contrassegnato dalla comparsa della ceramica grigia, molto simile a quella di Tureng Tepe, rinvenuta nelle tombe del periodo IIB. L’ipotesi di Schmidt è quella che una nuova popolazione che utilizza suddetta ceramica, si sostituisce a quella degli autoctoni che utilizzavano quella dipinta. E con la scoperta di Tureng Tepe IIA si comprende che questa nuova popolazione provenisse dalla pianura Gorgan.
Secondo Cleuziou (1986, p. 232), invece, c’è semplicemente la diffusione di nuove tecniche produttive ed un maggiore sviluppo della pirotecnologia legata alla ceramica.
Nel periodo II quindi la ceramica ha una superficie molto levigata con decori, a volte, a zig-zag o con curve (Schmidt, 1937, pp. 108-116), in questo periodo, inoltre, continua lo sviluppo della glittica e della metallurgia e iniziano a comparire lapislazzuli e turchesi che vengono usati per la fabbricazione di perle, confermando l’importanza dello sviluppo commerciale a cui solo una forte amministrazione poteva far fronte (Tosi, 1989, p. 49).
Tosi (1974, p. 155) ci dice che le perle di turchese e lapislazzuli hanno una funzione importante nel rito funerario nelle città antiche dell’Iran, e questa funzione è determinata anche dalla lontananza di questo materiale, i turchesi sembra, infatti, che provengano da Bukantau in Afghanistan (Tosi, 1974, p. 154), mentre le miniere di lapislazzuli si trovano sull’Au-i Anjuman nell’Hindu Kush.
Prima del III millennio a.C. questi materiali dovevano passare, quasi sicuramente, attraverso una lunga catena di intermediari (Tosi, 1974, p. 154).
L’apogeo di questo sito è nel periodo IIIA-B (III millennio a.C.; Schmidt, 1937, pp. 178-180), la ceramica relativa aveva decorazioni a stralucido, con ampie fasce orizzontali lasciate grezze, dove vengono tracciati trattini orizzontali ed obliqui. Anche le forme diventavano sempre più raffinate, con forme molto elaborate, tenendo conto che il tornio era ancora sconosciuto per questo tipo di ceramica.
Nel periodo IIIC i motivi decorativi diminuiscono, e ciò viene collegato ad una fase di decadenza (Schmidt, 1937, pp. 181-184). Infatti alla fine di questo periodo, circa il 2000 a.C., il sito viene abbandonato apparentemente. Schmidt vede questo come una nuova invasione dal nord, e ciò succede anche in un altro sito, Shah Tepe, nella pianura di Gorgan, dove la ceramica grigia viene sostituita da una dipinta, diversa da quella di Tepe Hissar.
Se davvero ciò accade dobbiamo comunque pensare che gli autoctoni coabitarono con gli invasori per poi adattarsi definitivamente.
Questo quesito si può anche risolvere se lo colleghiamo all’introduzione, solo in questo periodo, del forno a due ambienti, in quanto questa ceramica viene prodotta senza apporto di ossigeno, che porta alla formazione della ceramica grigia.
Non si ha ancora una spiegazione del fatto che un sito cosi grande e ricco ad un certo punto viene abbandonato, come anche altri siti della pianura del Gorgan, questo processo di abbandono incomincia poco prima del 1800 a.C. (Bovington, Dyson, Mahdavi, Masoumi, 1974, p. 199).
Si vuole ricordare che la cultura di Hissar IIIC è l’ultima che sopravvive in quella regione, prima sia della rioccupazione dell’età del Ferro e sia del periodo sassanide.
1.4 CRONOLOGIA E SEQUENZA
Grazie al lavoro di gruppo dell’ equipe del 1976 è stato possibile confrontare la sequenza di Hissar con quella di altri siti in Asia Centrale, nell’Iran settentrionale ed in Mesopotamia.
Le difficoltà sono arrivate quando si tenta di usare la periodizzazione di Schmidt che non si era basata sulla stratigrafia ma sulla stilistica.
Così sono stati datati al radiocarbonio i resti provenienti da The Twins, South Hill, Main Mound e North Flat. Le due date più antiche, relative al primo periodo nella sequenza di Dyson, vengono da South Hill e forniscono un arco cronologico che va dal 3620 al 3380 a.C. Il periodo medio è definito dal Main Mound che da una media variabile che va dal 3350 al 3140 a.C., e l’ultima fase è datata da due campioni con una media cronologica che va dal 3260 al 2930 a.C. Questo quadro trova una corrispondenza quasi simmetrica sul North Flat, dove i campioni provenienti dai livelli sotto al Burned Building forniscono una data che va dal 3020 al 2920 a.C. Infine i reperti provenienti dal The Twins forniscono un solo campione con datazione variabile tra il 3290 ed il 2920 a.C. (Dyson, 1987, p. 655).
Quindi si può affermare che il periodo II sembra cominciare tra il 3600 ed il 3400 a.C. (South Hill); il periodo II medio oscilla tra il 3350 ed il 3100 a.C. (Main Mound) ed il tardo periodo II va dal 3100 al 2900 a.C. (Main Mound, North Flat e The Twins).
La cronologia assoluta del sito si completa con i dati forniti dalle stime calibrate delle analisi radiocarboniche per il periodo III. I dati radiocarbonici per il North Flat sono: 1. 2860-2620 a.C.; 2. 2460-2210 a.C.; per il Main Mound le datazioni sono: 1. 2570-2400 a.C.; 2. 2120-1890 a.C.; ed infine per il Treasure Hill si ha la sola datazione: 1. 1890-1740 a.C.
È da tenere presente lo iato cronologico che è di circa 60 anni sul North Flat, durante il passaggio dal periodo “Late II” (Dyson, 1987, p. 675) al periodo “III”, mentre sul Main Mound questo iato è di 360 anni.
1.5 SOUTH HILL
Risultati della campagna di scavo del 1931-32
Schmidt fa una ricognizione nell’area di South Hill e individua due principali edifici, il primo nel quadrato DF78/79/88 e DF89 che è stato assegnato al periodo IIB. Secondo Schmidt questo livello consiste in un gruppo di ambienti domestici, orientati NW-SE, che definisce costruiti in modo casuale (1937, p. 106).
La pianta della casa era organizzata intorno a tre lati, di cui uno è un quadrato interpretato come cucina o come cortile (Schmidt). La totale superficie di questo edificio è pari a 100 mq.
Schmidt identifica altri tre edifici in questa area che li collega sempre allo stesso periodo.
Lo scavo di South Hill, degli anni ’30, si estende verso N-E includendo nuovi quadrati DG70, DG60, DG61 e DG51. Questi sono situati nella parte più alta della collina e comprendono le strutture più tarde in un cattivo stato di conservazione, che ha datato al periodo IIIA (Tosi, Bulgarelli, 1989, p. 35).
In questa area trova una seconda architettura, simile alla precedente, che è composta da una camera con un quadrato centrale, interpretata anche come corte (Tosi, Bulgarelli, 1989, p. 35).
Durante il periodo di abbandono l’intera area viene usata come sepolcreto con tombe scavate ovunque nelle strutture del periodo IIB (Schmidt, 1937, p. 62).
La sequenza di Schmidt viene stabilita principalmente sulle variazioni morfologiche delle offerte funerarie. Qui ha scavato in tutto 78 tombe, datandole tra la fine del II-IIB all’inizio del III-IIIA.
Schmidt definisce poi la sequenza di South Hill in cinque orizzonti culturali (Tosi, Bulgarelli, 1989, p. 37).
Risultati della campagna di scavo del 1976
I maggiori obiettivi dello scavo del 1976 di South Hill sono due: il primo fu quello di dettagliare la divisione della sequenza proposta da Schmidt riguardante i resti delle strutture relative al periodo IIB, e il secondo punto fu quello di correlare le attività delle aree visibili sulla superficie per ridefinire la sequenza.
Nel 1976 sono state identificate otto fasi di South Hill, di cui solo cinque sono livelli costituiti da edifici.
La terza fase è senza strutture architettoniche ed è un’estensiva discarica di lapislazzuli che si trovava in mezzo a due strutture (Tosi, Bulgarelli, 1989, pp. 37-38). Questa fase presentava un sepolcreto, dove in totale sono state rinvenute 100 tombe che da Schmidt sono state localizzate nei quadrati D60/70, DF78/79/88/89, la maggior parte di queste sono state datate dalla fine del II ai primi anni del III periodo. La presenza del sepolcreto coincide con il fatto che in questa fase South Hill divenne una zona marginale rispetto alle attività della città.
Nello 1976 vengono localizzate 3 tombe e tutte sembrano essere collegate al cimitero di Schmidt (Tosi, Bulgarelli, 1989, p. 51).
La tomba 13 contiene uno scheletro che probabilmente apparteneva a una giovane donna, il corpo era posto lateralmente sul lato destro, in posizione contratta, con la faccia rivolta verso nord. La tomba è situata a pochi centimetri sotto terra, infatti alcune ossa si presentano fratturate. Il corredo consiste in una ciotola in ceramica brunita nera-grigia, posta nella parte posteriore sotto la testa, dove all’interno vi è uno strato di limonite finemente polverizzato. Questa pratica di seppellire una piccola quantità di ossidi di ferro nelle tombe era stato precedentemente notato nei siti di Zaman Baba (Kuzmina, 1958) e a Sahr-e-Suxteh (Piperno e Tosi, 1975). La fossa della tomba 13 era molto piccola e lo scheletro ci entrava difficilmente (Tosi, Bulgarelli, 1989, p. 51).
Resti dispersi di altre tombe sono esposti a pochi centimetri dal margine ovest della tomba precedente. Queste sono appartenenti al gruppo di tombe scavate da Schmidt e si trovano stratigraficamente sotto le più recenti strutture di questo quadrato che risalgono alla fase II (Tosi, Bulgarelli, 1989, p. 51).
L’altra tomba rinvenuta è la 12 (Figura 6), si tratta di una tomba a pozzo, già localizzata da Schmidt e conosciuta anche nei siti di Tureng Tepe II (Deshayes, 1968, p. 87; 1970, pp. 13-14), a Sahr-e-Suxteh (Piperno e Tosi, 1975) e molto dopo nella prima età del Ferro di Dinkha Tepe nell’ovest dell’Iran (Dyson). Il pozzo ha un diametro di 0.75 m e una profondità di 52 cm, e presenta una perfetta sezione circolare. Lo scheletro si conserva perfettamente ed è strettamente contratto e deposto sul lato destro con il viso rivolto verso il basso (Tosi, Bulgarelli, 1989, p. 51). Il corredo è rappresentato da una coppa di forma conica in ceramica brunita nera, posta a sinistra del cranio.
La terza tomba (Figura 7) è stata l’unica che è stata trovata nella campagna di scavo del 1976. La forma della tomba è rettangolare, arrotondata esternamente presso il cranio. L’individuo è stato deposto in decubito dorsale con il viso appoggiato sulla spalla destra. Non è pervenuto corredo.
1.6 MAIN MOUND (Howard, 1989, pp. 55-68)
Gli obiettivi proposti nel 1976 per il settore di Main Mound sono stati quelli di stabilire la sequenza stratigrafica e descrivere in modo accurato alcune delle architetture che erano state esposte nello scavo del 1931.
Lo scavo di Schmidt aveva scoperto delle architetture appartenenti al periodo IIIA, IIIB e IIIC. Questo studioso aveva scavato solo un quadrato per più di 3,5 m, ma non raggiunse mai la base del deposito, anche se è riuscito comunque a stabilire i periodi II e I.
Nello scavo del 1976 vengono scavati i quadrati adiacenti a quelli precedenti di Schmidt, dove erano stati rinvenuti l’Edificio 2 e 3, ciò è servito a capire nuovi dettagli per le caratteristiche delle costruzione e i loro piani di frequentazione e le relazioni stratigrafiche. Inoltre sono stati ritrovati frammenti di ossa, scorie e semi, selezionando così campioni su cui eseguire le analisi del carbonio 14. Questi materiali organici sono importanti per determinare la sequenza evolutiva e comprendere meglio la sussistenza tecnologica e ambientale.
Dalla documentazione di Schmidt sappiamo che l’Edificio 1 della fase F ed E è stato documentato inadeguatamente e le architetture del livello precedente furono rimosse nel 1931 e non furono adeguatamente descritte.
Schmidt mette in luce solo le creste dell’Edificio 2 e degli altri ambienti appartenenti alla fase D3, e solo nel 1976 le indagini hanno stabilito che le strutture appartenessero a tre fasi differenti: D3, D2 e D1.
Il quadrato CG90 non venne scavato negli anni ’30 a causa del vasto numero di tombe incontrate in questa area, poi scavate negli anni ’70.
Si è determinato che le stanze 3, 7, 1 sono state costruite durante la fase D3. La stanza 7 è stata anche usata e in parte riempita durante la fase D2. Queste ipotesi successivamente sono state confermate dalle analisi al radiocarbonio.
Il complesso dell’Edificio 3 include un’ampia stanza centrale 16 e alcune stanze più piccole adiacenti. Una di queste è la stanza 12 che risulta più antica rispetto all’Edificio 3 e la sua costruzione ha origine durante la fase D3 e ciò si è riuscito a capire grazie allo scavo di una trincea fatta successivamente.
Quindi la porzione centrale del Main Mound consiste in architetture associate da Schmidt al periodo IIIB ma che tipologicamente e cronologicamente si è capito essere, successivamente, affine al periodo II.
La fase D e la fase C sono solamente rappresentate da due muri (40 e 41) nel quadrato CG90 e stratigraficamente appartengono all’ultimo rifacimento dell’edificio.
L’area sopra l’Edificio 3 diventa un sepolcreto dopo la fase D1 e le tombe sono state successivamente seguite da una serie di strutture, come dicono gli appunti di Schmidt.
L’unica evidenza della fase A in quest’area è stata investigata nel 1976, ed è rappresentata dal muro 42.
1.7 NORTH FLAT
Il cosiddetto North Flat di Tepe Hissar è di particolare importanza per la presenza dell’Edificio Bruciato, una delle strutture meglio conservate, scavate da Schmidt negli anni ’30. L’Edificio ha attirato l’interesse di molti studiosi, in quanto fino a quel momento è stata l’unica struttura completa del N-E dell’Iran dell’Età del Bronzo. L’interpretazione di questa struttura ha portato a discussioni in quanto Schmidt (1937, p.94) la interpreta inizialmente come una struttura fortificata, mentre più tardi assieme a Dyson (1972) viene interpretata come casa appartenente ad una ricca famiglia di mercanti. I dati fino ad allora pubblicati non portano un adeguata interpretazione.
Lo scavo di Schmidt del North Flat rivela uno strato superiore di resti di edifici , tombe e oggetti di calcite ed alabastro dal contesto incerto (Schmidt, 1937, pp. 178-178). Queste materiali e strutture sono assegnati dallo stesso studioso al periodo IIIC.
Sotto questi resti è stato scoperto l’Edificio Bruciato che è stato attribuito al periodo IIIB. Usando questo edificio come il migliore elemento stratigrafico è possibile posizionare gli altri depositi sia superiori che sottostanti. Grazie a questo sono state definite quattro maggiori fasi A, B, C e D.
2. STORIA DEGLI STUDI SULLE TOMBE DI TEPE HISSAR
2.1 LA BASE DEI DATI (La Manna, 1989/90)
Schmidt per l’analisi della necropoli di Tepe Hissar utilizza delle schede strutturate in 20 campi che ci forniscono informazioni: sul sito, sul giorno di scavo (“Site” e “Date”), sulla sepoltura (“Burial no”, “Burial Manner” e “Depth”), sulla collocazione areale (“Findspot”), sul periodo di appartenenza (“Period”), sull’individuo (“Position body”, “Position Head”, “Position Arms”, “Position Hands”, “Position Legs”, “Position Feet”, “Direction”, “Preservation”, “Sex” e “Age”), sul corredo funerario (“Mortuary Gifts”), sull’archivio fotografico (“Photograph”) ed infine informazioni generali (“Remakes”). Sul retro si trova il disegno stilizzato dell’inumato insieme alla posizione degli oggetti di corredo.
Le difficoltà di interpretazione di queste schede sono sia dal punto di vista filologico e sia dal punto di vista concettuale, in quanto sono state scritte in corsivo e americano, con uso di abbreviazione e slang. Così il primo passo di Francesco La Manna, che ha fatto di questo argomento la sua tesi di laurea nell’a.a. 1989/90, fu quello di utilizzare un linguaggio più naturale, con descrizione per esteso cercando di usare 3 elementi informatori:
Ø sepoltura come contenitore;
Ø individuo/i come possessore del contenitore ed oggetti del rito funerario;
Ø corredo come patrimonio del defunto o come offerta rituale.
La Manna successivamente ha caricato i dati in 3 archivi, usando il programma DBASE III Plus, rispettivamente con la descrizione delle tombe, degli individui e degli oggetti. Questa suddivisione ha fornito ottimi risultati in quanto porta alla costruzione di modelli relazionali che permettono di cercare o vedere legami tra i 3 diversi informatori.
Molti campi dopo il caricamento presentano numerosissime variabili così, La Manna ha cercato di ridurre alcune diversità relative alle registrazioni senza alterare il contenuto concettuale.
Dopo che i dati sono stati puliti e omogeneizzati si è passati alla creazione di sette nuovi archivi, attraverso la combinazione dei tre archivi precedenti: il primo è HGSING dove sono state inserite tutte le sepolture singole; il secondo archivio, HGMULT, in cui sono state poste tutte le sepolture multiple; il terzo archivio è HG0 dove sono state inserite tutte le sepolture senza corredo; il quarto archivio, HG0IND, in cui sono state inserite tutte le sepolture senza corredo ma con i dati relativi dell’inumato; il quinto è HG1 dove ci sono tutte le sepolture singole ma con almeno un oggetto di corredo; il sesto archivio, HG1IND, dove sono state messe le informazioni su HG1 ma con i dati dell’inumato; infine il settimo, HG1INDO, dove sono state inserite tutte le sepolture singole con, inoltre, il corredo e dati dell’inumato anche i dati relativi ai vari oggetti.
Questo studio iniziale di La Manna ha posto le basi per lo studio della necropoli di Tepe Hissar sia per la ricostruzione dell’evoluzione sociale attraverso la distribuzione della ricchezza delle tombe e sia per fornire un’interpretazione del rituale funerario.
2.2 L’INTERPRETAZIONE DEI DATI (La Manna, 1989/90)
L’interpretazione dei dati della necropoli di Tepe Hissar, fatta da La Manna, si è basata su un campione di sepolture valido e significativo, scelto in base alla localizzazione topografica, Main Mound e North Flat , e per l’omogeneità cronologica, come dimostra Dyson (1987, paragrafo 3).
Il campione si compone di 576 sepolture, per un totale di 641 individui. Il 75,69 % delle sepolture sono a pozzetto, mentre il 22,04 % è costituito da tombe dove non si è potuto stabilire la tipologia, il restante 2,27 % sono considerate di scarsa incidenza quindi non hanno svolto un ruolo discriminante nello studio (Figura 10).
Sono stati determinati il sesso e l’età degli individui ed è stato stabilito che 264 individui sono di sesso maschile, 126 individui sono di sesso femminile, mentre gli individui non determinati sono 251 (Figura 11).
Lo studio riguardante l’età riprende quello fatto da Schmidt che divide la popolazione in fasce d’età, La Manna invece ripartisce la popolazione in classi generali: infante, giovane, adulto, maturo e senile, risulta infatti migliore della precedente, anche se le età infantili e giovani restano sottostimate (Figura 12-13).
Questo campione è solo un segmento della popolazione, quindi non possono essere formulate ipotesi realistiche.
Dopo questa fase La Manna si è soffermato sulle problematiche diacroniche: il 22,27 % delle sepolture, da Schmidt è associato al periodo “Grey” in relazione alla ceramica grigia rinvenuta nelle tombe. Le tombe di questo periodo sono state scavate tutte nella campagna di scavo del 1931, quando ancora la cronologia non era chiara, solo successivamente si è capito che questa ceramica apparteneva al periodo IIIA e IIIB, quindi queste sepolture vengono considerate appartenenti al periodo III.
È molto bassa l’incidenza di queste sepolture relative al periodo II, infatti è solo il 7,86 %, anche perché tale periodo è visto come una sorta di transizione tra le sepolture con ceramica non dipinta in grigio e quelle con la ceramica dipinta in grigio (Dyson, 1987, p. 652) (Figura 14).
In tutto ciò La Manna spiega come si vanno ad inserire nuove problematica dal punto di vista cronologico, quando ci si accorge del significato del periodo IIIC, in quanto si differenzia per la comparsa di materiali non rinvenuti nei periodi precedenti e per la comparsa di forme vascolari nuove e di quantità elevata. Infatti le sepolture di questo periodo sono solo 25, ma la quantità degli oggetti rinvenuti all’interno è vasta ed hanno anche un prestigio economico e rituale, ciò rivela la loro importanza ai fini della ricerca.
Per questo motivo gli archivi proposti da La Manna vengono suddivisi in base alla distinzione sequenziale III e IIIC. Ciò ha mostrato quindi alcuni aspetti della società di Tepe Hissar nella seconda metà del III millennio a.C.
La Manna comunque non prende in considerazione le sepolture multiple in quanto le ritiene fuorvianti per gli obiettivi della sua tesi che è volta alla comprensione dei livelli di articolazione sociale di Tepe Hissar nella seconda metà del III millennio a.C. in rapporto al sesso e l’età.
In ogni caso si specifica che le sepolture multiple di questo campione sono 23, di cui 16 con 2 individui, 2 con 3 individui ed uniche sono quelle con 4, 5, 11, 14 e 16 individui.
Figura 10: Diagramma relativo alle tipologie di sepoltura (La Manna 1989/90)
Figura 11: Diagramma relativo ai risultati di determinazione del sesso (La Manna, 1989/90)
Figura 12: Istogramma relativo al sesso in relazione all’età nel periodo Hissar III (La Manna, 1989/90)
Figura 13: Istogramma relativo al sesso in relazione all’età nel periodo Hissar IIIC (La Manna, 1989/90)
Figura 14: Diagramma relativo alla suddivisione delle sepolture in relazione al periodo (La Manna, 1989/90)
2.3 GLI ELEMENTI DI CORREDO (La Manna, 1989/90)
La Manna successivamente si è concentrato nel capire se gli oggetti rinvenuti nelle tombe fossero indicatori di rango (Brown, 1981) e se associati al sesso e all’età rivelassero dei raggruppamenti tra le persone. Dallo studio si evince la presenza di oggetti dalla spiccata valenza sessuale, infatti ci sono toilette in rame ed argento che sembrano essere una prerogativa femminile, anche se oggetti come bracciali e collane si trovano anche nelle tombe maschili.
Gli oggetti che vengono associati alla guerra sono, invece, rivolti solo a uomini legati al potere “politico-rituale”, come ad esempio: perle d’alabastro, collane con perle di gesso e di conchiglia, spilloni di rame, punte di lancia in rame, pugnali in metallo e figurine in diversi materiali.
Gli oggetti che compaiono solo nelle sepolture femminili sono: orecchini, collane e anelli in argento e pendenti in rame.
Nel periodo IIIC si nota, attraverso l’analisi di distribuzione degli oggetti di corredo in base al sesso, come la donna perda la sua posizione preminente nell’accesso dei beni, mentre gli uomini rafforzano il loro potere “politico-rituale”. Gli unici oggetti che restano associati al sesso femminile, in questo periodo, sono le brocche d’argento.
Lo studioso, successivamente, per avere una visione più completa della società cerca di comprendere le relazioni che gli oggetti di corredo assumono in rapporto con l’età: gli infanti non prevalgono su nessun tipo di materiale; gli individui senili, al contrario, prevalgono ovunque soprattutto con i metalli.
La Manna è riuscito a identificare anche dei gruppi di età associati ai materiali: gli individui maturi e senili sembrerebbero associati all’argento, e allo stesso metallo sono associati anche infanti e giovani; adulti e maturi sembrano associati alla ceramica, al lapislazzulo e in maniera più debole al turchese.
Tra il III e il IIIC sembra esserci una fase in cui gli individui adulti sembrino avere un predominio assoluto rispetto alle altre fasce d’età.
Si nota come le perle in alabastro vengono trovate sia tra gli individui infanti che adulti, gli anelli in rame vengono distribuiti sia tra gli individui giovani che maturi. Un’eccezione rimangono le punte di lancia che sia nel periodo III che IIIC sono prerogativa degli adulti, mentre gli spilloni in rame e gli anelli in argento diventano esclusiva degli individui maturi, mentre legati agli individui senili sono braccialetti, collane e perline in rame. Quindi alla luce di questi risultati, i due periodi presi in considerazione, mostrano due fasi culturali diverse ed opposte.
Concludendo la società di Tepe Hissar, nella prima metà del III millennio a.C., subisce dei cambiamenti notevoli diventando una società militare, con spiccata valenza sessuale maschile, con accenti politico-rituali.
2.4 LA DISTRIBUZIONE SPAZIALE (La Manna, 1989/90)
I dati visti precedentemente sono serviti per capire la distribuzione spaziale dei corredi funerari all’interno delle necropoli situate sul North Flat e sul Main Mound.
Per quanto riguarda la necropoli installata sul North Flat, relativa al periodo III, è suddivisa in due principali aree di occupazione: la prima fascia è compresa nei 3 quadrati della griglia usata da Schmidt nelle campagne di scavo del 1931-32, che presenta andamento E-W, questa zona prosegue verso nord con un appendice dove si presenta la seconda area. Nella prima area sono presenti sepolture molto rilevanti dal punto di vista del corredo, mentre le tombe della seconda aree presentano individui con uno status comunque privilegiato, ma più basso rispetto ai precedenti, infatti, assumono caratteri periferici. Le sepolture delle aree situate intorno a questi quadrati sono prive di oggetti.
Sul Main Mound la situazione è simile, in quanto abbiamo due aree principali ma una con orientamento opposto al precedente, mentre l’altra sempre con orientamento E-W. Le sepolture che contengono gli individui con status sociale poco elevato sono poste intorno o comunque a distanza da quelle che possiamo definire ricche.
Nel periodo IIIC i cambiamenti si riflettono anche nella configurazione spaziale della necropoli di Main Mound, mentre quella di North Flat viene abbandonata completamente.
L’area che invece si configura come principale, sul Main Mound, è quella dove sono installate le sepolture più ricche: la “priest” e “warrior”. Quest’area è adiacente alla seconda area precedentemente risalente al perido III. Non si sa il perché venga scelta, in ogni caso in questa zona si trova la sepoltura con 44 oggetti, risalente al periodo III, in cui l’individuo è un infante e si è ipotizzato che il sesso sia femminile. Sempre in questa zona è stata rinvenuta una tomba con un individuo e 19 oggetti.
Questo nucleo presenta spazi vuoti comunque, quindi si può dire che la necropoli del periodo IIIC si presenta come un nucleo isolato e concentrato.
2.5 IL RITUALE (La Manna, 1989/90)
Anche dal punto di vista del rituale, La Manna ha potuto distinguere lo studio nei due periodi presi in considerazione il III e il IIIC.
I dati ottenuti hanno rivelato che, per quanto riguarda il periodo III, gli individui di sesso maschile vengono disposti sul fianco sinistro (51,51 %), mentre le donne sono deposte sul lato destro(48,83 %) (Figura 15).
I mutamenti che avvengono nel periodo IIIC si notano anche nel rituale, infatti gli uomini vengono deposti sul fianco, ma c’è una eccezione che è posta dorsalmente e ventralmente; le donne, invece, giacciono sia sul lato destro che sinistro indifferentemente (Figura 16).
Si sono cercate relazioni anche tra la posizione del corpo rispetto alle fasce d’età, e si è potuto notare, come nel periodo III, nell’età senile si prediliga il fianco destro.
La posizione delle braccia è per tutti la più ricorrente: gli avambracci piegati parallelamente alla colonna vertebrale e con le mani verso il volto; mentre per quanto riguarda le gambe gli infanti le hanno meno contratte degli adulti (Figura 21).
In periodo IIIC la situazione si rovescia e anche gli individui senili si depongono sia sul lato destro che dorsale (Figura 22).
Per quanto riguarda l’orientamento degli individui si nota come, nel periodo III, il 42,84 % della popolazione maschile è deposta con il capo orientato verso ovest, le donne invece, il 40,73 %, sono deposte con orientamento opposto (Figura 17).
Nel periodo IIIC ci sono delle modifiche anche per quanto riguarda l’orientamento, ma solo per gli uomini che iniziano ad essere orientati verso est (Figura 18).
La Manna ha cercato una relazione tra orientamento e fasce d’età, ma per quanto riguarda il periodo III la situazione è piuttosto eterogenea (Figura 19).
Nel periodo IIIC, invece, gli individui infantili sono orientati verso S-E, l’unico individuo giovane è orientato verso est, gli individui adulti hanno il capo orientato verso S-E, gli individui maturi hanno il capo orientato verso S-E, mentre gli individui senili hanno il capo orientato verso N-W (Figura 20).
La Manna successivamente si è concentrato nel capire se gli oggetti rinvenuti nelle tombe fossero indicatori di rango (Brown, 1981) e se associati al sesso e all’età rivelassero dei raggruppamenti tra le persone. Dallo studio si evince la presenza di oggetti dalla spiccata valenza sessuale, infatti ci sono toilette in rame ed argento che sembrano essere una prerogativa femminile, anche se oggetti come bracciali e collane si trovano anche nelle tombe maschili.
Gli oggetti che vengono associati alla guerra sono, invece, rivolti solo a uomini legati al potere “politico-rituale”, come ad esempio: perle d’alabastro, collane con perle di gesso e di conchiglia, spilloni di rame, punte di lancia in rame, pugnali in metallo e figurine in diversi materiali.
Gli oggetti che compaiono solo nelle sepolture femminili sono: orecchini, collane e anelli in argento e pendenti in rame.
Nel periodo IIIC si nota, attraverso l’analisi di distribuzione degli oggetti di corredo in base al sesso, come la donna perda la sua posizione preminente nell’accesso dei beni, mentre gli uomini rafforzano il loro potere “politico-rituale”. Gli unici oggetti che restano associati al sesso femminile, in questo periodo, sono le brocche d’argento.
Lo studioso, successivamente, per avere una visione più completa della società cerca di comprendere le relazioni che gli oggetti di corredo assumono in rapporto con l’età: gli infanti non prevalgono su nessun tipo di materiale; gli individui senili, al contrario, prevalgono ovunque soprattutto con i metalli.
La Manna è riuscito a identificare anche dei gruppi di età associati ai materiali: gli individui maturi e senili sembrerebbero associati all’argento, e allo stesso metallo sono associati anche infanti e giovani; adulti e maturi sembrano associati alla ceramica, al lapislazzulo e in maniera più debole al turchese.
Tra il III e il IIIC sembra esserci una fase in cui gli individui adulti sembrino avere un predominio assoluto rispetto alle altre fasce d’età.
Si nota come le perle in alabastro vengono trovate sia tra gli individui infanti che adulti, gli anelli in rame vengono distribuiti sia tra gli individui giovani che maturi. Un’eccezione rimangono le punte di lancia che sia nel periodo III che IIIC sono prerogativa degli adulti, mentre gli spilloni in rame e gli anelli in argento diventano esclusiva degli individui maturi, mentre legati agli individui senili sono braccialetti, collane e perline in rame. Quindi alla luce di questi risultati, i due periodi presi in considerazione, mostrano due fasi culturali diverse ed opposte.
Concludendo la società di Tepe Hissar, nella prima metà del III millennio a.C., subisce dei cambiamenti notevoli diventando una società militare, con spiccata valenza sessuale maschile, con accenti politico-rituali.
2.4 LA DISTRIBUZIONE SPAZIALE (La Manna, 1989/90)
I dati visti precedentemente sono serviti per capire la distribuzione spaziale dei corredi funerari all’interno delle necropoli situate sul North Flat e sul Main Mound.
Per quanto riguarda la necropoli installata sul North Flat, relativa al periodo III, è suddivisa in due principali aree di occupazione: la prima fascia è compresa nei 3 quadrati della griglia usata da Schmidt nelle campagne di scavo del 1931-32, che presenta andamento E-W, questa zona prosegue verso nord con un appendice dove si presenta la seconda area. Nella prima area sono presenti sepolture molto rilevanti dal punto di vista del corredo, mentre le tombe della seconda aree presentano individui con uno status comunque privilegiato, ma più basso rispetto ai precedenti, infatti, assumono caratteri periferici. Le sepolture delle aree situate intorno a questi quadrati sono prive di oggetti.
Sul Main Mound la situazione è simile, in quanto abbiamo due aree principali ma una con orientamento opposto al precedente, mentre l’altra sempre con orientamento E-W. Le sepolture che contengono gli individui con status sociale poco elevato sono poste intorno o comunque a distanza da quelle che possiamo definire ricche.
Nel periodo IIIC i cambiamenti si riflettono anche nella configurazione spaziale della necropoli di Main Mound, mentre quella di North Flat viene abbandonata completamente.
L’area che invece si configura come principale, sul Main Mound, è quella dove sono installate le sepolture più ricche: la “priest” e “warrior”. Quest’area è adiacente alla seconda area precedentemente risalente al perido III. Non si sa il perché venga scelta, in ogni caso in questa zona si trova la sepoltura con 44 oggetti, risalente al periodo III, in cui l’individuo è un infante e si è ipotizzato che il sesso sia femminile. Sempre in questa zona è stata rinvenuta una tomba con un individuo e 19 oggetti.
Questo nucleo presenta spazi vuoti comunque, quindi si può dire che la necropoli del periodo IIIC si presenta come un nucleo isolato e concentrato.
2.5 IL RITUALE (La Manna, 1989/90)
Anche dal punto di vista del rituale, La Manna ha potuto distinguere lo studio nei due periodi presi in considerazione il III e il IIIC.
I dati ottenuti hanno rivelato che, per quanto riguarda il periodo III, gli individui di sesso maschile vengono disposti sul fianco sinistro (51,51 %), mentre le donne sono deposte sul lato destro(48,83 %) (Figura 15).
I mutamenti che avvengono nel periodo IIIC si notano anche nel rituale, infatti gli uomini vengono deposti sul fianco, ma c’è una eccezione che è posta dorsalmente e ventralmente; le donne, invece, giacciono sia sul lato destro che sinistro indifferentemente (Figura 16).
Si sono cercate relazioni anche tra la posizione del corpo rispetto alle fasce d’età, e si è potuto notare, come nel periodo III, nell’età senile si prediliga il fianco destro.
La posizione delle braccia è per tutti la più ricorrente: gli avambracci piegati parallelamente alla colonna vertebrale e con le mani verso il volto; mentre per quanto riguarda le gambe gli infanti le hanno meno contratte degli adulti (Figura 21).
In periodo IIIC la situazione si rovescia e anche gli individui senili si depongono sia sul lato destro che dorsale (Figura 22).
Per quanto riguarda l’orientamento degli individui si nota come, nel periodo III, il 42,84 % della popolazione maschile è deposta con il capo orientato verso ovest, le donne invece, il 40,73 %, sono deposte con orientamento opposto (Figura 17).
Nel periodo IIIC ci sono delle modifiche anche per quanto riguarda l’orientamento, ma solo per gli uomini che iniziano ad essere orientati verso est (Figura 18).
La Manna ha cercato una relazione tra orientamento e fasce d’età, ma per quanto riguarda il periodo III la situazione è piuttosto eterogenea (Figura 19).
Nel periodo IIIC, invece, gli individui infantili sono orientati verso S-E, l’unico individuo giovane è orientato verso est, gli individui adulti hanno il capo orientato verso S-E, gli individui maturi hanno il capo orientato verso S-E, mentre gli individui senili hanno il capo orientato verso N-W (Figura 20).
Figura 15: Istogramma relativo alla posizione del corpo in base al sesso nel periodo Hissar III(La Manna, 1989/90)
Figura 16: Istogramma relativo alla posizione del corpo in base al sesso nel periodo Hissar IIIC (La Manna, 1989/90)
Figura 17: Istogramma relativo all’orientamento del corpo rispetto al sesso Hissar III (La Manna, 1989/90)
Figura 18: Istogramma relativo all’orientamento del corpo rispetto al sesso Hissar IIIC (La Manna, 1989/90)
Figura 19:Istogramma relativo all’orientamento del corpo in base all’età Hissar III(La Manna, 1989/90)
Figura 20: Istogramma relativo all’orientamento del corpo rispetto all’età Hissar IIIC (La Manna, 1989/90)
Figura 21: Istogramma relativo alla posizione del corpo rispetto alla fascia d’età Hissar III (La Manna, 1989/90)
Figura 22: Istogramma relativo alla posizione del corpo rispetto alla fascia d’età Hissar IIIC (La Manna, 1989/90)
2.6 LE INDAGINI DI ANTROPOLOGIA FISICA (1931-1932)
Per quanto riguarda lo studio antropologico Nowell (1989, p. 131) prende in considerazione solo un campione limitato di individui, datato tra il 5000(?) e il 1800 a.C., scavati negli anni ‘30 da Schmidt, che lui stesso non reputa rappresentativa né per dare un’immagine completa della popolazione preistorica di Tepe Hissar, né per creare statistiche demografiche affidabili.
Il risultato sull’età di morte degli individui è avvenuta attraverso l’analisi dell’usura dentaria, utilizzando il metodo di Miles (1963)[1].
Questo materiale scheletrico è stato studiato inoltre da Krogman (1940 a, b, c) e Kappers (1934).
Ricordiamo che Schmidt (1937) negli anni ’30 scava 1637 tombe, di cui Krogman ne studia 250 individui e Nowell ne studia 479.
La condizione generale delle ossa era eccellente, ma il numero era esiguo rispetto alla popolazione totale scavata, questo perché Schmidt porta negli Stati Uniti solo le ossa che si conservarono meglio (Nowell, 1989, p. 131).
La relazione finale del sito (Schmidt, 1937) riporta che non sono stati determinati preventivamente né il sesso e né l’età sul campo, neanche guardando i fattori culturali, come ad esempio il luogo e il modo di sepoltura. Inoltre gli scavatori non hanno segnato il livello di appartenenza né agli individui delle tombe e né ai corredi (Nowell, 1989, p. 131).
Quindi, il campione è stato pregiudicato sia per come è stato scavato e sia nella conservazione (Nowell, 1989, p. 131).
Successivamente Krogman (1940a) e Schmidt (1937) notano una predominanza del sesso maschile su quello femminile in ogni livello.
Rathbun (1972) documenta una forte comunanza della popolazioni di Tepe Hissar con i gruppi scheletrici dell'età del Ferro di Hasanlu.
L’analisi metrica[2] di alcuni individui asiatici del S-W illustrano come le caratteristiche morfologiche dei soggetti maschili di Tepe Hissar fossero strettamente affini con quelli dei gruppi provenienti dall'India e dal Turkmenistan (Rathbun, 1989, p. 132), mentre gli individui di sesso femminile di Tepe Hissar possiedono una vicinanza biologica con i campioni provenienti dall’Anatolia, Hasanlu IV, Kiš e Iraq.
La demografia gioca un ruolo importante per spiegare le dinamiche di popolamento (Rathbun, 1989, p. 132), ma a causa della mancata documentazione sul campo questi aspetti non si sono potuti delineare.
Nowell (1971, 1978) determina l’età degli individui di Tepe Hissar attraverso l’osservazione dell’usura dentaria. Lo studioso ci spiega come l’età media dell’intero campione fosse compresa tra i 25 e i 27 anni, per gli individui adulti l’età media di morte era tra i 29 e i 32 anni.
Purtroppo questo stesso studioso non ha potuto analizzare i caratteri sessuali per determinarne il sesso dei vari individui.
Rathbun esamina anche la collezione di Hissar, che si trovava alla University Museum della University of Pennsylvania, e raccoglie informazioni sulle patologie inventariando la collezione di 59 crani e di 33 tratti dello scheletro post-craniale (Rathbun, 1989, p. 132).
Quest’analisi iniziale delle variazioni non metriche[3] ha sostenuto le precedente analisi metriche rilevando una maggiore diversità tra i soggetti maschili (Rathbun, 1979, p. 473).
Nowell ha condotto le analisi non metriche su dei crani maschili di Hissar II, che morfologicamente si sono rivelati più simili ai soggetti maschili dei siti di Hasanlu V, Dinka Tepe II, Kiš VI (Rathbun, 1989, p. 132). Mentre per quanto riguarda i soggetti maschili di Hissar III sono molto vicini agli individui maschili di Hasanlu IV,e quelli di Hissar V sono invece molto affini a quelli di Hasanlu III.
Le analisi morfologiche dei soggetti femminili rivelano similitudini tra gli individui di Hissar II e III; mentre il campione relativo ad Hissar V trova corrispondenza con i soggetti femminili di Kiš e Nippur, in Mesopotamia, e Hasanlu II e III (Rathbun, 1989, p. 132).
Le variazioni dello scheletro post-craniale generalmente seguono quelle dei tratti cranici, inoltre, sembrano essere fortemente influenzati da fattori ambientali, culturali e di sviluppo e potrebbero non riflettere le relazioni morfologiche (Rathbun, 1989, p. 132).
In ogni caso le caratteristiche della popolazione e la differenziazione tra i sessi appaiono più chiaramente nei dati metrici.
La condizione patologica del materiale scheletrico si è rivelata altrettanto importante per le condizioni demografiche e lo stato di salute delle società. Oltre alle solite patologie della dentizione, dei traumi e delle patologie degenerative correlate all’età (Krogman 1940b), si è potuto notare come quattro individui (un maschio, una femmina e due di sesso indeterminabile) del periodo III soffrono di una qualche forma di nanismo. Le aree di inserzione muscolare sono significativamente più grandi di altri individui, sopratutto sull'omero. Inoltre quest’ultimo mostra anche variazione morfologiche della testa dell'omero, deviata dorsalmente e verso il basso.
Krogman ci da informazioni anche sulla statura degli individui di Tepe Hissar: i maschi sono alti circa 170 cm, mentre l’altezza delle donne è 157-154 cm.
Studi comparativi e l'esame a raggi x delle ossa lunghe sono in corso alla fine degli anni ’80.
3.CONCLUSIONI
Si è potuto notare come il sito di Tepe Hissar si collocasse in una zona privilegiata, in quanto, innanzitutto, vicina al fiume Damghan, che le ha permesso lo sviluppo di agricoltura e pastorizia, localizzata in una zona ricca di selce e cacciagione, e in ultimo, famosa in quanto non troppo distante dalle miniere d’oro, di rame e di turchesi. Trovandosi così in una situazione ottimale sia per la produzione di beni di sussistenza e sia per una dieta ampia e variegata.
Questo sito è molto importante dal punto di vista della cultura materiale, in particolare per la ceramica grigia, in quanto per molti studiosi questa cultura rappresenterebbe la prima apparizione delle popolazioni indo-iraniche in questa pianura.
Il primo scavo del sito in questione avviene negli anni ‘30, grazie a Schmidt, dove si evidenziano essenzialmente tre zone, North Flat, Main Mound e South Hill, e dove si portarono alla luce dei resti di strutture murarie e delle tombe. Successivamente nel 1976 si è potuta condurre una ricognizione e una successiva campagna di scavo, che porta a studiare le zone già elencate precedentemente e ad evidenziarne altre.
Le tombe scavate da Schmidt sono circa 1600, e queste ad oggi sono le uniche studiate.
Lo studio delle suddette tombe è partito già dalla fine degli anni ’30, grazie a Krogman, Kappers e Nowell che ne determinano l’età di morte, il sesso e la statura. Successivamente vengono analizzati i dati metrici che dimostrarono l’omogeneità della popolazione di quest’area, infatti si nota una forte comunanza tra la popolazione di Tepe Hissar e quella dell’Età del Ferro di Hasanlu. A confermare questi risultati furono le analisi morfologiche condotte da Nowell.
In ultimo Krogman conduce analisi paleopatologiche, che evidenziano per lo più patologie legate alle dentizione, ai traumi e alle malattie degenerative collegate all’età, solo quattro individui presentano una qualche forma di nanismo.
Tutti questi studi però sono stati condotti su un campione limitato, non rappresentativo, in quanto Schmidt porta negli USA solo i resti che si conservarono meglio, così tutto questo lavoro non dà un immagine completa della popolazione di Tepe Hissar, non adatta quindi a creare statistiche demografiche affidabili.
Sempre relativo allo studio delle tombe risalenti agli anni ’30 fu il lavoro di La Manna, che innanzitutto digitalizza le schede prodotte da Schmidt, interpreta i dati di un campione di sepolture, che in totale erano 576 e provenivano solo da North Flat e Main Mound e cronologicamente relative al periodo III e IIIC, creando diagrammi statistici sulle percentuali della tipologia della sepoltura, del sesso e dell’età.
Successivamente La Manna si concentra sulle relazioni tra gli elementi del corredo e il sesso e l’età, creando anche qui tabelle e diagrammi riportanti le percentuali.
Continua con lo studio della distribuzione spaziale e poi si concentra sulla posizione del defunto e sull’orientamento del corpo, in relazione al sesso e alla fascia d’età, dividendo sempre in base alla cronologia.
Le tombe provenienti dallo scavo del 1976 non hanno ancora goduto di pubblicazione.
Quindi per quanto riguarda i lavori pregressi presentano delle vere e proprie lacune in quanto comunque non abbiamo l’intero campione della popolazione che servirebbe per produrre in primis statistiche demografiche, per determinare la Sex Ratio, per conoscere la media dell’età di morte della suddetta popolazione, per comprendere la media della statura degli individui e per conoscere le patologie più frequenti.
Oltre al fatto che il campione non è completo abbiamo anche una documentazione non adeguata, questo perché comunque le tecniche di scavo all’epoca non erano ancora affinate, e di conseguenza si sono tralasciati tutti i fattori relativi alla tafonomia, che necessariamente devono essere presi sul campo.
Quindi quello che si potrebbe fare per rendere migliore la documentazione relativa alle sepolture di questi primi anni di scavo può essere semplicemente quello di aggiornare la stessa documentazione cartacea, attraverso dei sistemi GIS e integrare gli stessi con il database prodotto da La Manna, in quanto DBASE III Plus non esiste più. Dove è possibile inoltre sarebbe opportuno creare delle carte di distribuzione delle sepolture.
La Manna, oltre ad aver analizzato solo due delle zone possedenti tombe, tralascia anche le sepolture multiple delle zone da lui prese in considerazione, perché, come dice egli stesso fuorvianti per il suo studio, mentre sarebbe interessante riprenderle per uno studio puramente antropologico.
Le tombe relative allo scavo degli anni ’70 non sono ancora state pubblicate, quindi lo studio di queste dovrebbe partire dall’elaborazione dei dati tafonomici presi in situ. La tafonomia[4] si occupa della determinazione delle modalità di deposizione, quindi se la sepoltura è primaria[5] o secondaria[6], e se sia avvenuta in spazio pieno[7] o vuoto[8], bisogna registrare la posizione del corpo, quindi l’orientamento, la connessione delle articolazioni ed eventualmente anche delle misure.
Se tutto ciò è presente nella documentazione di scavo degli anni ‘70, elaborarne i dati servirà a capire essenzialmente il rituale della popolazione presa in considerazione.
Successivamente si passerà in laboratorio in modo tale da poter determinare il sesso e l’età, utilizzando più metodi combinati possibili in modo tale da avvalorare le tesi che si avranno.
Per quanto riguarda il sesso sarà possibile determinarlo solo negli adulti, in quanto i caratteri sessuali in età infantile non sono sviluppati (Canci, Minozzi, 2010). Il sesso si potrà determinare attraverso l’osservazione di alcuni distretti scheletrici che presentano maggior dimorfismo sessuale, come: il cranio e il bacino, ma si potranno osservare anche colonna vertebrale, clavicola, scapola e femore. Grazie a queste analisi si potranno determinare i rapporti numerici tra maschi e femmine della popolazione di Tepe Hissar.
Per quanto riguarda l’età di morte dovrà essere determinata sempre combinando vari metodi: il grado di usura dentaria, il grado di saldatura delle suture craniche, le variazioni morfologiche della sinfisi pubica, le variazioni morfologiche della superficie auricolare dell’ileo, le modifiche delle estremità sternali delle coste e le variazioni morfologiche del corpo vertebrale (Canci, Minozzi, 2010).
Per quanto riguarda i subadulti l’età di morte si determina attraverso l’eruzione dentaria e misurando le diafisi delle ossa lunghe. Nei bambini la determinazione è molto più attendibile soprattutto per quanto riguarda l’eruzione dentaria, in quanto il grado di formazione del dente segue un percorso prestabilito, mentre la lunghezza delle ossa lunghe risente di variabilità popolazionistica (Canci, Minozzi, 2010).
Il lavoro dovrà continuare poi con la raccolta delle principali misure delle ossa per definire alcuni parametri morfometrici del cranio e della faccia, e per descriverne la costituzione corporea o le proporzioni corporee della popolazione in questione. In modo tale da ottenere caratterizzazioni costituzionali che verranno espresse mediante indici corporei o tramite la stima della statura (Canci, Minozzi, 2010). Quest’ultima inoltre ci da informazioni a livello della popolazione relative all’adattamento ambientale e a indicatori di stress[9].
Gli esami sul campione delle ossa di Tepe Hissar dovranno continuare con lo studio paleopatologico[10] che porterà alla formulazione di diagnosi relative alle alterazioni patologiche che caratterizzano uno scheletro. Infatti vari tipi di malattie lasciano i segni sulle ossa e possono essere raggruppate in: malattie articolari, traumi, infezioni, malattie metaboliche o nutrizionali, malattie ereditarie e neoplasie (Canci, Minozzi, 2010; Duday, 2006).
Infine se alcuni frammenti ossei sono stati campionati e non contaminati, allo studio morfologico e fisico, si potranno affiancare analisi chimiche, immunologiche, genetiche, che permetteranno una migliore interpretazione filogenetica e paleoambientale.
Tra queste ricordiamo le analisi radiometriche, importanti per l’inquadramento cronologico dei reperti fossili, gli studi paleobiochimici e paleoimmunologici, utili per il riconoscimento della variabilità intraspecifica e dell’affinità interspecifica mediante lo studio di sostanze proteiche ed anticorporali estratte dalle ossa e dai tessuti antichi, l’estrazione e caratterizzazione del DNA, che servirà per la ricostruzione filogenetica, e infine l’analisi degli elementi in traccia e degli isotopi stabili, per ricostruire le abitudini alimentari degli individui.
Concludendo sarebbe opportuno creare un sistema di documentazione comune alle differenti equipe che hanno lavorato sul sito di Tepe Hissar, in quanto ad oggi solo parte della documentazione risulta edita, in varie lingue (tra cui l’iraniano), ma una grossa parte della documentazione, soprattutto relativa alle tomba dello scavo del 1976, è inedita, e quindi inaccessibile ai differenti ricercatori.
L’utilizzo di un sistema comune, basato su l’utilizzo di strumenti web, come il WebGIS, non solo farebbe in modo di rendere i dati accessibili a tutti ma ridurrebbe i tempi della comunicazione dei dati.
[1] Miles ritiene che l’usura dentaria sia un criterio utilizzabile per la determinazione dell’età in una serie di individui appartenenti alla stessa popolazione con abitudini dietetiche strettamente analoghe (Catacchio, Corniola, 2000, p.125).
[2] È basata sulla misurazione di alcuni caratteri metrici: del cranio, del bacino, del post-cranio e dei denti. Le misure raccolte possono essere usate mediante analisi delle funzioni discriminanti che serviranno per la determinazione del sesso (Canci, Minozzi, 2010).
[3] Sono i metodi su base morfologica. I tratti morfologici maggiormente diagnostici si trovano nei seguenti distretti scheletrici: bacino, cranio, post-cranio (Canci, Minozzi, 2010).
[4] Deriva da greco tàphos=seppellimento e nomia=normativa, ed è quello studio che si occupa di tutto ciò che accade al corpo nel periodo che intercorre tra la morte e il suo ritrovamento, ricostruendo l’azione e l’interazione di diversi fattori che hanno interferito su di esso dal momento della deposizione in poi(Duday, 2006).
[5] Quando la sepoltura del cadavere è avvenuta nel luogo di deposizione definitiva(Duday, 2006).
[6] Quando la sepoltura avvieni in due o più momenti(Duday, 2006).
[7] Avviene quando il corpo viene ricoperto da terra (Duday, 2006).
[8] Avviene quando il corpoè viene sepolto in un volume vuoto (Duday, 2006).
[9] Basti pensare che una statura bassa nell’adulto può essere causata da malattie metaboliche (Canci, Minozzi, 2010).
[10] La paleopatologia è quella scienza che si occupa della ricostruzione dello stato di salute delle popolazioni umane antiche(Canci, Minozzi, 2010).
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Per quanto riguarda lo studio antropologico Nowell (1989, p. 131) prende in considerazione solo un campione limitato di individui, datato tra il 5000(?) e il 1800 a.C., scavati negli anni ‘30 da Schmidt, che lui stesso non reputa rappresentativa né per dare un’immagine completa della popolazione preistorica di Tepe Hissar, né per creare statistiche demografiche affidabili.
Il risultato sull’età di morte degli individui è avvenuta attraverso l’analisi dell’usura dentaria, utilizzando il metodo di Miles (1963)[1].
Questo materiale scheletrico è stato studiato inoltre da Krogman (1940 a, b, c) e Kappers (1934).
Ricordiamo che Schmidt (1937) negli anni ’30 scava 1637 tombe, di cui Krogman ne studia 250 individui e Nowell ne studia 479.
La condizione generale delle ossa era eccellente, ma il numero era esiguo rispetto alla popolazione totale scavata, questo perché Schmidt porta negli Stati Uniti solo le ossa che si conservarono meglio (Nowell, 1989, p. 131).
La relazione finale del sito (Schmidt, 1937) riporta che non sono stati determinati preventivamente né il sesso e né l’età sul campo, neanche guardando i fattori culturali, come ad esempio il luogo e il modo di sepoltura. Inoltre gli scavatori non hanno segnato il livello di appartenenza né agli individui delle tombe e né ai corredi (Nowell, 1989, p. 131).
Quindi, il campione è stato pregiudicato sia per come è stato scavato e sia nella conservazione (Nowell, 1989, p. 131).
Successivamente Krogman (1940a) e Schmidt (1937) notano una predominanza del sesso maschile su quello femminile in ogni livello.
Rathbun (1972) documenta una forte comunanza della popolazioni di Tepe Hissar con i gruppi scheletrici dell'età del Ferro di Hasanlu.
L’analisi metrica[2] di alcuni individui asiatici del S-W illustrano come le caratteristiche morfologiche dei soggetti maschili di Tepe Hissar fossero strettamente affini con quelli dei gruppi provenienti dall'India e dal Turkmenistan (Rathbun, 1989, p. 132), mentre gli individui di sesso femminile di Tepe Hissar possiedono una vicinanza biologica con i campioni provenienti dall’Anatolia, Hasanlu IV, Kiš e Iraq.
La demografia gioca un ruolo importante per spiegare le dinamiche di popolamento (Rathbun, 1989, p. 132), ma a causa della mancata documentazione sul campo questi aspetti non si sono potuti delineare.
Nowell (1971, 1978) determina l’età degli individui di Tepe Hissar attraverso l’osservazione dell’usura dentaria. Lo studioso ci spiega come l’età media dell’intero campione fosse compresa tra i 25 e i 27 anni, per gli individui adulti l’età media di morte era tra i 29 e i 32 anni.
Purtroppo questo stesso studioso non ha potuto analizzare i caratteri sessuali per determinarne il sesso dei vari individui.
Rathbun esamina anche la collezione di Hissar, che si trovava alla University Museum della University of Pennsylvania, e raccoglie informazioni sulle patologie inventariando la collezione di 59 crani e di 33 tratti dello scheletro post-craniale (Rathbun, 1989, p. 132).
Quest’analisi iniziale delle variazioni non metriche[3] ha sostenuto le precedente analisi metriche rilevando una maggiore diversità tra i soggetti maschili (Rathbun, 1979, p. 473).
Nowell ha condotto le analisi non metriche su dei crani maschili di Hissar II, che morfologicamente si sono rivelati più simili ai soggetti maschili dei siti di Hasanlu V, Dinka Tepe II, Kiš VI (Rathbun, 1989, p. 132). Mentre per quanto riguarda i soggetti maschili di Hissar III sono molto vicini agli individui maschili di Hasanlu IV,e quelli di Hissar V sono invece molto affini a quelli di Hasanlu III.
Le analisi morfologiche dei soggetti femminili rivelano similitudini tra gli individui di Hissar II e III; mentre il campione relativo ad Hissar V trova corrispondenza con i soggetti femminili di Kiš e Nippur, in Mesopotamia, e Hasanlu II e III (Rathbun, 1989, p. 132).
Le variazioni dello scheletro post-craniale generalmente seguono quelle dei tratti cranici, inoltre, sembrano essere fortemente influenzati da fattori ambientali, culturali e di sviluppo e potrebbero non riflettere le relazioni morfologiche (Rathbun, 1989, p. 132).
In ogni caso le caratteristiche della popolazione e la differenziazione tra i sessi appaiono più chiaramente nei dati metrici.
La condizione patologica del materiale scheletrico si è rivelata altrettanto importante per le condizioni demografiche e lo stato di salute delle società. Oltre alle solite patologie della dentizione, dei traumi e delle patologie degenerative correlate all’età (Krogman 1940b), si è potuto notare come quattro individui (un maschio, una femmina e due di sesso indeterminabile) del periodo III soffrono di una qualche forma di nanismo. Le aree di inserzione muscolare sono significativamente più grandi di altri individui, sopratutto sull'omero. Inoltre quest’ultimo mostra anche variazione morfologiche della testa dell'omero, deviata dorsalmente e verso il basso.
Krogman ci da informazioni anche sulla statura degli individui di Tepe Hissar: i maschi sono alti circa 170 cm, mentre l’altezza delle donne è 157-154 cm.
Studi comparativi e l'esame a raggi x delle ossa lunghe sono in corso alla fine degli anni ’80.
3.CONCLUSIONI
Si è potuto notare come il sito di Tepe Hissar si collocasse in una zona privilegiata, in quanto, innanzitutto, vicina al fiume Damghan, che le ha permesso lo sviluppo di agricoltura e pastorizia, localizzata in una zona ricca di selce e cacciagione, e in ultimo, famosa in quanto non troppo distante dalle miniere d’oro, di rame e di turchesi. Trovandosi così in una situazione ottimale sia per la produzione di beni di sussistenza e sia per una dieta ampia e variegata.
Questo sito è molto importante dal punto di vista della cultura materiale, in particolare per la ceramica grigia, in quanto per molti studiosi questa cultura rappresenterebbe la prima apparizione delle popolazioni indo-iraniche in questa pianura.
Il primo scavo del sito in questione avviene negli anni ‘30, grazie a Schmidt, dove si evidenziano essenzialmente tre zone, North Flat, Main Mound e South Hill, e dove si portarono alla luce dei resti di strutture murarie e delle tombe. Successivamente nel 1976 si è potuta condurre una ricognizione e una successiva campagna di scavo, che porta a studiare le zone già elencate precedentemente e ad evidenziarne altre.
Le tombe scavate da Schmidt sono circa 1600, e queste ad oggi sono le uniche studiate.
Lo studio delle suddette tombe è partito già dalla fine degli anni ’30, grazie a Krogman, Kappers e Nowell che ne determinano l’età di morte, il sesso e la statura. Successivamente vengono analizzati i dati metrici che dimostrarono l’omogeneità della popolazione di quest’area, infatti si nota una forte comunanza tra la popolazione di Tepe Hissar e quella dell’Età del Ferro di Hasanlu. A confermare questi risultati furono le analisi morfologiche condotte da Nowell.
In ultimo Krogman conduce analisi paleopatologiche, che evidenziano per lo più patologie legate alle dentizione, ai traumi e alle malattie degenerative collegate all’età, solo quattro individui presentano una qualche forma di nanismo.
Tutti questi studi però sono stati condotti su un campione limitato, non rappresentativo, in quanto Schmidt porta negli USA solo i resti che si conservarono meglio, così tutto questo lavoro non dà un immagine completa della popolazione di Tepe Hissar, non adatta quindi a creare statistiche demografiche affidabili.
Sempre relativo allo studio delle tombe risalenti agli anni ’30 fu il lavoro di La Manna, che innanzitutto digitalizza le schede prodotte da Schmidt, interpreta i dati di un campione di sepolture, che in totale erano 576 e provenivano solo da North Flat e Main Mound e cronologicamente relative al periodo III e IIIC, creando diagrammi statistici sulle percentuali della tipologia della sepoltura, del sesso e dell’età.
Successivamente La Manna si concentra sulle relazioni tra gli elementi del corredo e il sesso e l’età, creando anche qui tabelle e diagrammi riportanti le percentuali.
Continua con lo studio della distribuzione spaziale e poi si concentra sulla posizione del defunto e sull’orientamento del corpo, in relazione al sesso e alla fascia d’età, dividendo sempre in base alla cronologia.
Le tombe provenienti dallo scavo del 1976 non hanno ancora goduto di pubblicazione.
Quindi per quanto riguarda i lavori pregressi presentano delle vere e proprie lacune in quanto comunque non abbiamo l’intero campione della popolazione che servirebbe per produrre in primis statistiche demografiche, per determinare la Sex Ratio, per conoscere la media dell’età di morte della suddetta popolazione, per comprendere la media della statura degli individui e per conoscere le patologie più frequenti.
Oltre al fatto che il campione non è completo abbiamo anche una documentazione non adeguata, questo perché comunque le tecniche di scavo all’epoca non erano ancora affinate, e di conseguenza si sono tralasciati tutti i fattori relativi alla tafonomia, che necessariamente devono essere presi sul campo.
Quindi quello che si potrebbe fare per rendere migliore la documentazione relativa alle sepolture di questi primi anni di scavo può essere semplicemente quello di aggiornare la stessa documentazione cartacea, attraverso dei sistemi GIS e integrare gli stessi con il database prodotto da La Manna, in quanto DBASE III Plus non esiste più. Dove è possibile inoltre sarebbe opportuno creare delle carte di distribuzione delle sepolture.
La Manna, oltre ad aver analizzato solo due delle zone possedenti tombe, tralascia anche le sepolture multiple delle zone da lui prese in considerazione, perché, come dice egli stesso fuorvianti per il suo studio, mentre sarebbe interessante riprenderle per uno studio puramente antropologico.
Le tombe relative allo scavo degli anni ’70 non sono ancora state pubblicate, quindi lo studio di queste dovrebbe partire dall’elaborazione dei dati tafonomici presi in situ. La tafonomia[4] si occupa della determinazione delle modalità di deposizione, quindi se la sepoltura è primaria[5] o secondaria[6], e se sia avvenuta in spazio pieno[7] o vuoto[8], bisogna registrare la posizione del corpo, quindi l’orientamento, la connessione delle articolazioni ed eventualmente anche delle misure.
Se tutto ciò è presente nella documentazione di scavo degli anni ‘70, elaborarne i dati servirà a capire essenzialmente il rituale della popolazione presa in considerazione.
Successivamente si passerà in laboratorio in modo tale da poter determinare il sesso e l’età, utilizzando più metodi combinati possibili in modo tale da avvalorare le tesi che si avranno.
Per quanto riguarda il sesso sarà possibile determinarlo solo negli adulti, in quanto i caratteri sessuali in età infantile non sono sviluppati (Canci, Minozzi, 2010). Il sesso si potrà determinare attraverso l’osservazione di alcuni distretti scheletrici che presentano maggior dimorfismo sessuale, come: il cranio e il bacino, ma si potranno osservare anche colonna vertebrale, clavicola, scapola e femore. Grazie a queste analisi si potranno determinare i rapporti numerici tra maschi e femmine della popolazione di Tepe Hissar.
Per quanto riguarda l’età di morte dovrà essere determinata sempre combinando vari metodi: il grado di usura dentaria, il grado di saldatura delle suture craniche, le variazioni morfologiche della sinfisi pubica, le variazioni morfologiche della superficie auricolare dell’ileo, le modifiche delle estremità sternali delle coste e le variazioni morfologiche del corpo vertebrale (Canci, Minozzi, 2010).
Per quanto riguarda i subadulti l’età di morte si determina attraverso l’eruzione dentaria e misurando le diafisi delle ossa lunghe. Nei bambini la determinazione è molto più attendibile soprattutto per quanto riguarda l’eruzione dentaria, in quanto il grado di formazione del dente segue un percorso prestabilito, mentre la lunghezza delle ossa lunghe risente di variabilità popolazionistica (Canci, Minozzi, 2010).
Il lavoro dovrà continuare poi con la raccolta delle principali misure delle ossa per definire alcuni parametri morfometrici del cranio e della faccia, e per descriverne la costituzione corporea o le proporzioni corporee della popolazione in questione. In modo tale da ottenere caratterizzazioni costituzionali che verranno espresse mediante indici corporei o tramite la stima della statura (Canci, Minozzi, 2010). Quest’ultima inoltre ci da informazioni a livello della popolazione relative all’adattamento ambientale e a indicatori di stress[9].
Gli esami sul campione delle ossa di Tepe Hissar dovranno continuare con lo studio paleopatologico[10] che porterà alla formulazione di diagnosi relative alle alterazioni patologiche che caratterizzano uno scheletro. Infatti vari tipi di malattie lasciano i segni sulle ossa e possono essere raggruppate in: malattie articolari, traumi, infezioni, malattie metaboliche o nutrizionali, malattie ereditarie e neoplasie (Canci, Minozzi, 2010; Duday, 2006).
Infine se alcuni frammenti ossei sono stati campionati e non contaminati, allo studio morfologico e fisico, si potranno affiancare analisi chimiche, immunologiche, genetiche, che permetteranno una migliore interpretazione filogenetica e paleoambientale.
Tra queste ricordiamo le analisi radiometriche, importanti per l’inquadramento cronologico dei reperti fossili, gli studi paleobiochimici e paleoimmunologici, utili per il riconoscimento della variabilità intraspecifica e dell’affinità interspecifica mediante lo studio di sostanze proteiche ed anticorporali estratte dalle ossa e dai tessuti antichi, l’estrazione e caratterizzazione del DNA, che servirà per la ricostruzione filogenetica, e infine l’analisi degli elementi in traccia e degli isotopi stabili, per ricostruire le abitudini alimentari degli individui.
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[3] Sono i metodi su base morfologica. I tratti morfologici maggiormente diagnostici si trovano nei seguenti distretti scheletrici: bacino, cranio, post-cranio (Canci, Minozzi, 2010).
[4] Deriva da greco tàphos=seppellimento e nomia=normativa, ed è quello studio che si occupa di tutto ciò che accade al corpo nel periodo che intercorre tra la morte e il suo ritrovamento, ricostruendo l’azione e l’interazione di diversi fattori che hanno interferito su di esso dal momento della deposizione in poi(Duday, 2006).
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[6] Quando la sepoltura avvieni in due o più momenti(Duday, 2006).
[7] Avviene quando il corpo viene ricoperto da terra (Duday, 2006).
[8] Avviene quando il corpoè viene sepolto in un volume vuoto (Duday, 2006).
[9] Basti pensare che una statura bassa nell’adulto può essere causata da malattie metaboliche (Canci, Minozzi, 2010).
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